Non si riparte senza volontariato

Non si riparte senza volontariato

La federazione cure palliative ha organizzato il 5 giugno 2020 un seminario digitale per valutare il ruolo che potrà assumere il terzo settore nella riorganizzazione sociale post covid-19.

Ora che l’Italia si organizza per ripartire, dopo le restrizioni forzatamente imposte dal nostro Governo per contrastare la diffusione del Covid-19, è opportuno chiedersi quale ruolo avrà il volontariato nei prossimi mesi: vedrà riconosciuto il suo apporto cooperativo e non più gregario rispetto alle istituzioni dello Stato e al mercato all’interno della nostra società?
Questi argomenti sono stati discussi dal prof. Stefano Zamagni e dalla dott.ssa Claudia Fiaschi, intervenuti in video conferenza al seminario promosso dalla Federazione cure Palliative il 5 giugno 2020 dal titolo “Terzo Settore e Covid-19.
Prospettive future, Minacce e Opportunità”.
Per Zamagni, nella crisi sociale e sanitaria che ha avuto inizio a metà febbraio scorso, due sole dimensioni sono state oggetto di attenzione da parte dei soggetti pubblici istituzionali e politici: la dimensione sanitaria e quella economico-finanziaria.
Dimensioni certamente rilevanti, ma lo stesso sguardo non è stato prestato a quella socio-relazionale e spirituale. Zamagni ha messo in evidenza come, oltre al dolore fisico, le persone hanno sofferto per le situazioni di abbandono e di isolamento in cui sono venute a trovarsi in conseguenza della malattia. Queste sofferenze potevano essere alleviate coinvolgendo maggiormente il mondo del volontariato, che è stato invece lasciato in disparte, ma che è in grado, con l’attività esercitata quotidianamente, di prestare sollievo a chi soffre. Il volontariato, per Zamagni, ha pieno titolo per dar vita ad una forma di sussidiarietà sociale oggi indispensabile per far uscire il Paese dalla crisi economico-sanitaria.
La dott.ssa Fiaschi, ha invece ricordato come molti aspetti della nostra quotidianità siano stati alterati dalla diffusione del virus, il nostro senso della prossimità, gli scambi affettivi, il nostro spirito di solidarietà. Questo cambiamento ci ha insegnato che ci si ammala insieme e ci si cura insieme, che ora è più evidente come il nostro vivere sia strettamente collegato. Inoltre, è venuto alla luce un aspetto che tenevamo nascosto in noi, per non doverne fare i conti:
la paura della morte e della solitudine.
Rispetto a questi temi, il ruolo del volontariato assume un valore insostituibile, perché è in grado di dare alle persone aiuto, affetto, fiducia, a tessere legami di vicinanza e di reciprocità, ma non può continuare ad essere considerato una “comodity”, qualcosa di utile all’occorrenza che poi viene messo da parte.

Il volontariato, quello che fa della sua missione un dono, è un modo di essere nella comunità attraverso l’impegno diretto e personale, che crea rapporti umani di fiducia, che instaura relazioni di affidabilità con chi entra in contatto.
È una attività che umanizza il servizio reso, crea dei legami, fa sentire le persone parte integrante della società, per ripartire, dopo l’emergenza sanitaria, c’è assoluto bisogno di questi valori, di una socialità rinnovata, più solidale e sussidiaria. Il seminario mi sembra quindi abbia messo bene in evidenza come l’impegno del volontariato, in particolare quello rivolto ai malati in condizioni di particolare fragilità, non sia solo un apporto residuale, integrativo rispetto a quello fornito dalle istituzioni, ma come la sua azione abbia riflessi importanti sulle strutture portanti del nostro sistema sociale e che una nuova socialità, post Covid-19, non possa prescindere da questo insostituibile contributo.

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