Il riconoscimento giuridico del caregiving informale
Nell’esercizio della mia professione di Dirigente Scolastico il rapporto con i genitori degli alunni con disabilità mi ha permesso di cogliere quanto sia nevralgico per il sistema di welfare il ruolo rivestito dai caregivers. Questi genitori mi raccontano della loro fatica, spesso della solitudine ma al tempo stesso mi trasmettono la determinazione e la forza che servono per affrontare una quotidianità complessa che li chiama a essere di volta in volta infermieri, fisioterapisti, addetti all’assistenza, logopedisti, esperti di diritto e di norme. Il carico delle loro funzioni è enorme e a questo si aggiunge la preoccupazione per il futuro dei figli, quando loro non ci saranno più o non saranno più in grado di supportarli adeguatamente.
Esiste certamente una rete istituzionale di supporto, ma spesso non è facile riuscire a intercettarla e comunque appare frazionata e settoriale.
Allargando la riflessione, è evidente quanto l’esigenza di assistenza interna alle famiglie sia diffusa, soprattutto in un Paese come l’Italia con un tasso di invecchiamento tra i più alti al mondo. Un’indagine condotta dal Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale dell’Università Bocconi parla di un esercito silenzioso di 8 milioni di caregivers: un numero importante e destinato a crescere. È un esercito soprattutto femminile: secondo l’ISTAT il 65% dei cargivers sono donne di un’età compresa tra i 45 e i 55 anni, che nella maggioranza dei casi (il 60%) ha abbandonato il lavoro per le esigenze familiari. I numeri sono eloquenti: aiutano a ricostruire un pezzo importante della nostra società e a coglierne esigenze impellenti.
La Commissione Europea ha recentemente riconosciuto il ruolo del caregiving informale, indicando una strada di interventi per le politiche nazionali: evidenziando l’impatto che l’attività assistenziale esercita su aspetti quali l’uguaglianza di genere, l’accesso al mercato del lavoro, la salute e il benessere, ha individuato una serie di misure a supporto, tra cui benefici monetari e pensionistici servizi di formazione e consulenza, supporto psicologico, interventi di sollievo, opportunità formative.
Lo stanziamento in Italia a partire dal 2018 di fondi specifici per il sostegno del ruolo di cura e assistenza del caregiver si muove nella direzione indicata dalla Commissione e ha un presupposto fondamentale: il riconoscimento del ruolo cruciale dei prestatori di cure familiari nel sistema di welfare.
Tra le regioni, spicca l’esperienza dell’Emilia Romagna che già nel 2014 ha emanato una legge finalizzata al sostegno dei caregivers considerati una risorsa del sistema integrato dei servizi sociali e socio- sanitari e in quanto tali portatori di bisogni a cui l’istituzione deve rispondere.
I servizi previsti sono molteplici: dalla formazione – con il riconoscimento delle competenze acquisite per favorire il successivo inserimento lavorativo – al sostegno psicologico, alla promozione di accordi con compagnie assicurative per la copertura degli infortuni, agli accordi con le associazioni imprenditoriali per ottenere la flessibilità nell’orario di lavoro, alla formalizzazione delle alleanze con il territorio (i servizi pubblici, le associazioni di volontariato, il vicinato solidale…) al fine di rendere più efficace la sinergia delle forme di sostegno.
Sono, inoltre, attualmente all’esame della XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati alcune proposte di legge volte a introdurre misure per valorizzare il ruolo dei portatori di assistenza familiare riconoscendo l’alto valore sociale ed economico della loro funzione. Questi strumenti legislativi contribuiscono a promuovere un cambiamento culturale oramai necessario.
 A questo riguardo, l’OCSE segnala il mancato riconoscimento sociale del ruolo dei caregivers soprattutto in alcuni paesi in cui, per motivi di natura socio-culturale, l’assistenza a un congiunto viene considerata parte integrante del proprio ruolo familiare. Rovesciare questa interpretazione, cominciando da opportuni interventi legislativi, è ormai doveroso: per incidere sull’auto-percezione dei portatori di cura dando così una voce e un volto a questo esercito silenzioso.
Alessandra Visentin
preside dell’istituto Comprensivo Goldoni di Martellago
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